mercoledì 27 maggio ore 20 l’asilo

BORRADOR BATTONZ KABARET!

Qualora ci ricordassimo di Valerie Solanas è per essere l’autrice del tentato omicidio di Andy Warhol, sparó tre colpi, ferendolo gravemente. Noi vogliamo ricordarla soprattutto per essere l’autrice del manifesto SCUM, nel quale si basa questo kabaret.

SCUM è uno spazio utopico, uno stato d’animo, una larga composizione punk. SCUM dichiara guerra aperta alla nostra società, al regime carcerario con pareti morbide e invisibili, alla noia del sogno americano, ovvero occidentale, alla potenza egemonica dei maschi eterosessuali, bianchi e ricchi. Valerie spara a bruciapelo, dall’inizio e senza preavviso, attraverso il linguaggio della strada, tagliente e senza formalismi, con una capacità espressiva selvaggia e senza la benché minima indulgenza verso la decenza borghese.

Dopo l’attentato a Warhol, le femministe nordamericane si divisero tra la solidarietà e il ripudio a Valerie Solanas. Alla sua uscita di prigione, Valerie era furiosa con le femministe, perché l’avevano ridotta o ad uno sbaglio da evitare o ad un modello da imitare, “non hanno capito che ho realizzato un’opera d’arte”.

Agli occhi di Valerie, le rivendicazioni femministe delle donne bianche, di classe media erano insufficienti. Puzzavano troppo a buona coscienza medio_borghese. Valerie sapeva bene la trappola che suppone sottomettersi definitivamente alle condizioni esistenti, stabilite per il macho. O tutto o niente. Valerie propone di concludere con lui e con un mondo fatto a sua misura.

Questo kabaret tra le altre cose, é un omaggio a Valerie Solanas, mendicante, puttana, tossica e pazza con l’intenzione di riscattare la sua opera d’arte e despatologizzare SCUM.

Battonz è un’attitudine che emerse più o meno quando avevamo 17 anni, tra di noi amiche, e che significa qualcosa simile alla parola italiana “marpiona”. Battonz è la modificazione italiana di “battona”, che significa zoccola, puttana o cagna. é il nome di un amazzona che vive nella nostra testa e nelle nostre ovaie. Lei è colei che batte il marciapiede, comunemente si riferisce al suono dei suoi tacchi nelle strade.

Per noi è anche un significato allegorico “immaginario” ed evoca le prostitute, che da piccole vedevamo nel bordo della pontebbana, una larga strada grigia che univa i nostri paesi del nord est italiano. Una strada battuta da grandi prostitute come Carla Corso e Pia Covre che sono state pioniere per i diritti civili delle prostitute e che sono anche le nostre madri simboliche.

Battonz è anche un termine di auto_potenziamento che esalta tutto ciò. Che in noi (gli strumenti, le conoscenze, le esperienze, i corpi) possa avere una potenza di attrazione sessuale, d’amore e sovversiva verso altre persone. Mario Mieli in “elementi di critica omosessuale” definisce la sua maniera d’interpretare il termine “battonare” che in certi aspetti si avvicina a quello che noi intendiamo per battonz. Battonare significa andare in cerca, muoversi, farsi conoscere, mostrarsi, illuminare, aspettare qualcuno con cui fare l’amore. Un termine francese che si avvicina a marpionare è draguear che significa anche cercare nel fondo del fiume o del mare, qualcosa che rimuove. Nella terminologia gay inglese si relaziona con il termine to cruise. Tra noi spesso ci chiamiamo con il soprannome “batty” che in inglese significa matta, “avere pipistrelli nella testa”. Battonz è anche una pratica femminista di resistenza quotidiana ideata e diretta contro i contesti sessofobici del nord d’Italia e del nord d’Europa.

da una revisione del Manifiesto S.C.U.M. di Valerie Solanas

ideadestroyingmuros è un collettivo transculturale situato nella creazione artistica comunitaria.
Nasce a Venezia nel 2005 e il suo nome fa riferimento al titolo della composizione musicale del 1970 Voci Destroying Muros di luigi nono.
La pratica artistica ha reso possibile l’elaborazione dei processi geopolitici e sociali che ci hanno attraversate, mediante l’interpretazione e la traduzione dei nostri vissuti singolari e collettivi.
Il nord-est italiano è il contesto sociale in cui ci siamo incontrate, un ambiente moralista, xenofobo e iperproduttivo, una zona grigia in cui ci siamo sentite per diverso tempo e per diversi motivi non desiderate, parti di un progetto capitalista filoamericano che si stava localmente costruendo in relazione frontaliera al socialismo autogestito jugoslavo.
Stare insieme in quel nord-est iper-settoriale e individualista aveva a che vedere con un’idea folle e nostalgica di collettività che sempre più nel tempo si è tradotta in un’alternativa efficace, durevole ed aperta.
La scelta imposta di emigrare durante il ventennio berlusconiano è stato per noi un fattore di emancipazione positiva e radicale.
Visti gli spostamenti verso Napoli, Granada, Parigi, Barcellona, Palermo e Valencia abbiamo sentito l’urgenza di creare uno spazio fatto di progetti e corrispondenze capaci di mantenere collegati nella distanza i percorsi di ognuna.
La prospettiva condivisa che abbiamo scelto si basa su diverse posizioni frontaliere in relazione a nazione, genere, sesso, lingua e creazione, prospettiva dalla quale cerchiamo insieme dei modi nuovi di intendere e di praticare resistenza, processi creativi, percorsi autoantropologici e di autogestione.
L’autopotenziamento e la lacerazione delle relazioni di potere che tessono il quotidiano ‘ideale’ ci aiutano a capire i meccanismi di mercato e rafforzano la nostra capacità di contrattazione; grazie a questo ritroviamo una coscienza del nostro valore che non si radica nello sfruttamento e nella misura unica del neoliberalismo ma nella creazione di nuove forme.
La ricerca artistica, femminista, la performance, la creazione video, la traduzione, il disegno e la scrittura sono gli strumenti attraverso cui trasformiamo i nostri limiti in risorse.
I nostri sogni ci complicano, sporcano, bagnano, salvano, spostano, cambiano la vita.

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