PENSARE CON IL TEATRO 2

INCONTRI DI TEATRO E FILOSOFIA ALL’ASILO
dal 7 maggio al 4 giugno 2015

«Ecco che dal cerchio compatto dei costumi e dei riti religiosi, delle cerimonie e delle attività ludiche, è uscito qualcuno che aveva appena preso la decisione temeraria di staccarsi dalla comunità culturale. A muoverlo non erano né l’orgoglio (come per Craig) né il desiderio di attirarsi l’attenzione generale. Soluzione eccessivamente semplicista. Io lo vedo piuttosto come un ribelle, un obiettore, un eretico, libero e tragico, per aver osato restare solo con la sua sorte e il suo destino. E se aggiungiamo “con il suo ruolo” abbiamo di fronte a noi l’attore. La rivolta si è sviluppata nel campo dell’arte. […] Cerchiamo di figurarci questa situazione affascinante. Di fronte a quelli che erano rimasti da una parte, si è alzato un uomo perfettamente simile a ciascuno di loro e tuttavia (in forza di qualche “operazione” misteriosa e mirabile) infinitamente lontano, terribilmente estraneo, come abitato dalla morte, separato da loro da una barriera che, pur essendo invisibile, non era perciò meno spaventosa e inconcepibile, tale che il suo vero senso e l’orrore non possono rivelarsi che nel sogno»
Tadeus Kantor
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«“Ben dire” implica l’ipotesi di un’adeguazione: il dire adeguato al detto. Ma la tesi fondamentale di Beckett è che il dire adeguato al detto sopprime il dire. Il dire è un dire libero, e soprattutto un dire artistico, a partire dal momento in cui non è appiattito sul detto, in cui si sottrae all’autorità del detto. Il dire è sotto l’imperativo del dire, dell’“avanti”, non è indotto dal detto.  Se non si dà adeguazione, se il dire non è sotto l’autorità di “ciò che è detto”, ma unicamente sotto l’autorità del dire, allora il dire male è la libertà essenziale del dire o, se si preferisce, è l’affermazione dell’autonomia prescrittiva del dire. Ed il colmo del dire, che è il dire poetico o artistico, non è altro che una regolazione rigorosa del dire male, cioè il colmo dell’autonomia del dire prescrittivo»
Alain Badiou
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«[…] la realtà del Circo sta tutta in questa metamorfosi della polvere in pulviscolo d’oro, ma è soprattutto perché colui che deve suscitare questa stupenda immagine non può che essere morto, o, se si vuole, strisciare a terra come l’ultimo, il più patetico degli uomini. Gli consiglierei persino di zoppicare, di coprirsi di stracci, di pidocchi, e di puzzare. Di svilire sempre più la sua persona, affinché l’immagine di cui vi parlo, abitata da un morto, risplenda più fulgida che mai. Di esistere insomma soltanto nella sua apparizione»
Jean Genet

Pensare con il teatro, pensare i pensieri del teatro, per riscoprire e contribuire a riattivarne la forza affermativa, la violenza pensante, l’invenzione di gesti e categorie.

Pensare con il teatro per combattere l’imperativo del tempo che chiede di valorizzare l’arte come cultura, ossia come bene economico e pratica di moralizzazione dei comportamenti sociali: si pensi al modo “edificante” in cui il teatro si rivolge alle scuole e le scuole al teatro.
Ha scritto Maurice Blanchot: “La cultura è il luogo in cui il potere trova sempre dei complici. Con la cultura recupera e sottomette ogni parola libera”.

Pensare con il teatro anche per segnalare la differenza incommensurabile tra etica e morale, tra il rigore della procedura artistica e il rigore morale, tra la festa teatrale e l’azione pedagogica, tra la responsabilità “per un altro Ordine” e la “responsabilità sociale”.

Pensare con il teatro per dare asilo, offrire spazio, al tentativo di chiarire le ragioni della diffusa insoddisfazione nei confronti dei modi di presentazione della pratica teatrale, dei discorsi e delle forme di vita che si organizzano oggi in città in rapporto al teatro, che viene ancora miticamente considerato un’“evidente”, indiscutibile ed eterna caratteristica della natura di Napoli.

Pensare con il teatro, praticare uno studio incondizionato delle questioni teatrali, per costruire un popolo teatrale, un pubblico anche, più combattivo, più esigente, più crudele.

Commento di testi e audiovisivi a cura di Maurizio Zanardi


  CALENDARIO DEGLI INCONTRI

Giovedì 7 maggio ore 18.00
Tadeusz Kantor: Il teatro della morte

Giovedì 21 maggio ore 18.00
Samuel Beckett nella lettura di Alain Badiou. Essere, esistenza, pensiero: prosa e concetto

Giovedì 4 giugno ore 18.00
Jean Genet: La ferita; il funambolo

LETTURE CONSIGLIATE

✶ Tadeusz Kantor, Il teatro della morte, Ubulibri 2003
✶ Alain Badiou, Beckett. L’inestinguibile desiderio, il Nuovo Melangolo 2008.
✶ Alain Badiou, Essere, esistenza, pensiero: prosa e concetto, in Inestetica, Mimesis 2007
✶ Jean Genet, Il funambolo, Adelphi 2010

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