Rassegna “Finalmente domenica”

le domeniche cinematografiche in Asilo

Si apre la rassegna domenicale che attraverserà l’Asilo: FINALMENTE DOMENICA. Un momento in cui l’Asilo apre la sua sala cinema per offrire un crepuscolo domenicale diverso, all’insegna della cultura, diffondendo, con un format aperto, i capolavori neoclassici d’un cinema altro….

Domenica 1 marzo 2020 ore 18:30 | l’Asilo

Due o tre cose che so di lei

di Jean Luc Godard

Juliette Jeanson (Marina Vlady), giovane, con un lavoro, un marito e un figlio, per consentirsi le spese voluttuarie che la pubblicità e il pettegolezzo collettivo rendono in realtà indispensabili, esercita occasionalmente la prostituzione. Il film segue la vita di questa donna nell’arco delle ventiquattro ore; la pedina quando accompagna suo figlio in un singolare asilo-nido; la pedina dal parrucchiere o quando si reca in qualche negozio a fare compere; quindi ora al cafè, ora alle prese con le faccende domestiche. Il palcoscenico della narrazione godardiana è la città di Parigi, la reale protagonista del film: la “elle” che si legge nel titolo. Il film è girato infatti proprio nel periodo in cui inizia la risistemazione urbanistica della regione parigina e ha appunto come leit-motiv, fra una sequenza e l’altra, le immagini dei lavori che produrranno il nuovo volto di Parigi: strade sopraelevate, grattacieli, quartieri di abitazione popolare. È la Parigi neocapitalista, modellata dalla nuova civiltà dei consumi e dalla società industriale. Il film di Godard prende spunto da un’inchiesta giornalistica di Catherine Vimenet apparsa su Le Nouvel Observateur il 29 marzo 1966, dal titolo Les étoiles filantes: la prostitution dans les grandes ensemble, che parla della mercificazione occasionale di non professioniste per procurarsi i mezzi necessari alla vita nella metropoli, in particolare nei nuovi insediamenti urbani alla periferia di Parigi.

*** All’Asilo i concerti, gli spettacoli, le proiezioni, gli incontri sono ad ingresso libero. È gradito un contributo a piacere che serve ad abbattere le spese minime e a dotare gli spazi dei mezzi di produzione necessari ai lavoratori dello spettacolo, dell’arte e della cultura per portare avanti la sperimentazione politica, giuridica e culturale avviata all’Asilo ***

 

Film proiettati

La canzone di Carla
di Ken Loach
UK, 1996, 126′, v.o. sott. it.

Diretto da Ken Loach e scritto da Paul Laverty, il film racconta la guerra dei Contras, sovvenzionati, armati ed addestrati dalla CIA, che insanguina il Nicaragua negli anni ’80, dopo la rivoluzione popolare Sandinista.

Glasgow, 1987: Carla (Oyanka Cabezas), una rifugiata nicaraguense che per vivere fa la ballerina di strada. Un giorno, salita su un autobus pubblico senza biglietto, viene scoperta da un controllore che la tratta duramente. In suo soccorso arriva George (Robert Carlyle), l’autista dell’autobus, che riesce a farla fuggire.

George ritrova Carla, che all’inizio è diffidente ma alla fine accetta l’amicizia dell’uomo. George viene a sapere del dramma vissuto da Carla in Nicaragua e del suo amore per Antonio. Lui decide di seguire Carla in Nicaragua, dove la ragazza sente di dover tornare per affrontare il suo passato e scoprire che ne è stato di Antonio.

Giunti in Nicaragua, George scopre un paese dilaniato dalla guerra, dove povertà, violenza e morte sono cose comuni che si contrappongono alla generosità e umanità della gente.

“Te cambio una canción por el coraje de tus jóvenes manos combatientes…”

(Duo Guardabarranco)

Chinatown
di Roman Polanski
Usa, 1974, 131′, v.o. sott. it.

Los Angeles, 1937: Una sedicente signora Mulray si presenta all’investigatore J.J. Gittes perchè indaghi sulla infedeltà coniugale del marito. Gittes lo pedina giorno e notte per colline, torrenti, in riva all’oceano, finchè un giorno riesce a fotografarlo con una giovane donna in barca, sul laghetto di un parco. Una foto della donna appare sui giornali di Los Angeles, all’insaputa di Gittes, al quale si presenta la vera signora Mulray e minaccia di denunciarlo alla polizia. La vicenda si complica ancor di più quando si trova l’ingegner Mulray annegato e Gittes viene sfregiato al naso. Inoltre avvengono misteriose dispersioni di acqua nell’oceano dai serbatoi pubblici della città . Nell’intricatissima vicenda Gittes si accorge di aver toccato degli interessi di personaggi potentissimi…

La pellicola costituisce un omaggio al giallo hard boiled, specialmente a quello californiano di Raymond Chandler, con personaggi che ricalcano quelli tipici del genere: il detective, ex-poliziotto cinico ma in fondo idealista (Gittes), la dark lady ambigua e sensuale (Evelyn Mulwray), il potente patriarca con gli scheletri nell’armadio (Noah Cross), la polizia corrotta e politicamente controllata, i quartieri etnici (Chinatown).

Il film è ispirato alle California Water Wars, storici contrasti che si sono tenuti sui diritti di acqua e terreni nella California meridionale negli anni dieci e venti, durante i quali William Mulholland assicurò i diritti d’acqua nella valle di Owens, e quindi a Los Angeles. Nella sceneggiatura di Robert Towne si ritrova un intreccio di realtà e finzione che diverrà tipico dei romanzi di James Ellroy: la torbida vicenda di appalti, speculazioni edilizie, corruzione e delitto del film è, infatti, in gran parte basata sulla vera storia della città di Los Angeles e delle colossali opere idriche realizzate da William Mulholland per rendere abitabile quella che in origine era un’area semidesertica.

Fuori Orario
(After Hours)
di Martin Scorsese
Usa, 1985, 97′, v.o. sott. it.

Paul Hackett è un programmatore informatico che detesta il suo lavoro e la sua vita solitaria a Manhattan. Una sera incontra una giovane donna in un ristorante: è l’inizio di un’avventura kafkiana nella notte newyorkese. Paul si troverà improvvisamente immerso in un susseguirsi di disavventure grottesche in un quartiere a lui sconosciuto e da cui faticherà ad uscire per tornare a casa: uno scioccante suicidio, pratiche sessuali sadomasochistiche, un locale punk dove gli viene rasato il cranio, una folla inferocita che lo scambia per un ladro seriale.

In una notte che pare senza fine, tutti questi eventi sono collegati, seppur privi di alcun legame logico: così come per Giobbe nell’Antico Testamento, l’accanimento della sfortuna sembra essere generato da un’inspiegabile ira divina.

Fuori Orario di Martin Scorsese è una commedia, probabilmente una delle commedie più cariche di tensione della storia del cinema, in cui il senso di minaccia travolge sempre più il protagonista nella sua spasmodica ricerca di una via di fuga verso casa, dopo aver cercato invano di evadere dalla monotonia della propria esistenza.

Harold & Maude
di Hal Ashby 1971 91′ v.o. sott.ita

Harold è un agiato diciottenne, stanco della vita, che passa le sue giornate a recarsi a funerali di persone che non conosce e ad inscenare finti suicidi per terrorizzare (con scarso successo) la madre. Ad un funerale conosce Maude, un’anziana donna prossima al compimento dell’ottantesimo compleanno. Maude, che ha alle spalle un avventuroso passato in Europa e probabilmente anche l’internamento in un lager (come si nota da un numero tatuato sull’avambraccio), vive nell’amore incondizionato del “grande ciclo della vita”; tutto il contrario di Harold, costretto dalla figura pressante della madre ad una vita da incompreso. Insieme vivono piccole avventure, che suscitano in Harold un nuovo entusiasmo e che lo arricchiscono interiormente. Nasce tra i due…

Gli amanti del Pont Neuf
(Les Amants du Pont-Neuf)
di Leos Carax
Francia 1991,
v.o. sub ita,
125′

E’ quanto meno curioso quel che accadde dopo il clamoroso tripudio della cinefilia mondiale per Mauvais Sang: finalmente, dopo venticinque anni, la Francia ritrovava un genio, un Godard, e questo evento scoppiava in piena ondata “commerciale” ( impazzava un cinema di steroidi e mito-dei-dollari e pubblicità surrettizie). Fu data (quasi) carta bianca dai produttori all’allora ventisettenne Leos Carax ( all’anagrafe Alex Oscar “Dupont”, banale intuirne l’anagramma), che con due lungometraggi aveva convinto praticamente tutti (Boy meets girl 1984 e soprattutto il geniale e sopra menzionato Mauvais Sang 1986), reggendo in equilibrio, per così dire, barocchismo e narrazione, forma e sentimento, giovinezza e tradizione, la Binoche e Piccoli, e padroneggiando ogni genere con precocissima sapienza.
Il travaglio delle riprese di quello che è il film che chiude la Nouvelle Vague in solitaria di Carax, Les amants du Pont Neuf, e che proponiamo all’Asilo, è cosa nota: dall’aumento spropositato di budget – che ne fece, all’epoca, il film più costoso di una produzione francese, soldi a dire il vero tutti andati per spettacolari scenografie – all’ infortunio dell’attore feticcio di Carax, quel martire chiamato Denis Lavant e che ci regala, ancora, una performance – è il caso di dirlo, come sportiva – memorabile. Il film poi fu al contempo fiasco al botteghino e cult tra giovani e cinefili, e a Carax non avrebbero mai più affidato tanto denaro per un film.

Sarebbe difficile e forse pretenzioso presentare l’opera per quello che è in filigrana; attenendosi al fatto, si narrano le vicende un clochard e una studentessa dell’accademia delle Arti che ha perduto la vista da un occhio. E’ una storia d’amore struggente, verrebbe da dire stendhaliana tanta è forte la passione dei protagonisti, la loro adorabile follia, quel fregarsene della società che non è neanche minimamente paragonabile alle fughe idealistiche di film successivi (Bertolucci o Garrell per restare in Europa), e forse neanche dei precedenti godardiani; una fuga comunque non priva d’intonazione politica – occorre scansare lo squallore sentimentale borghese e gli unici che possono farlo sono gli individui fuori dalla storia, i menomati, i clochards. Siamo lontani pure dal pastiche tra fiaba e noir di Mauvais Sang: il film è lineare, a tratti melò;sfiora per un’ora e più il realismo magico di Carné, se proprio vogliamo affibbiargli un genere. Poi c’è il finale. Colonna sonora che migliore non si può: Bowie, Iggy Pop, Public Enemy, Strauss…