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SABATO 10 MAGGIO 2014 | l’asilo | napoli

FATTI BENE
COSTITUENTE DEI BENI COMUNI 

assemblea #5 e redigente su

individuazione, affermazione e governo dei beni comuni
conflitto e pratiche della decisione

programma

h 10.30 – 13.30
Statuto giuridico e forme di governo dei beni comuni
tavola rotonda tra giuristi, filosofi, ricercatori, studiosi e movimenti aperta al pubblico per un confronto sullo statuto politico e giuridico dei beni comuni, le forme del loro governo, lo stato di dottrina, giurisprudenza e deliberazioni amministrative come precedenti pratici e teorici. Un tavolo di lavoro verso un ulteriore avanzamento dell’elaborazione e della lotta in difesa dei beni comuni.

Pausa pranzo/buffet

h 14.30 – 17.00
Redigente della Costituente dei Beni Comuni

con Andrea Di Porto, Daniela Di Sabato, Alberto Lucarelli, Paolo Maddalena, Maria Rosaria Marella, Ugo Mattei, Paolo Napoli

h 17.30
Dibattito con i movimenti su lotte territoriali, biocidio e riappropriazione dei beni comuni.
Un momento di confronto che parta dalla storia delle realtà coinvolte nelle dinamiche di conflitto, delle devastazioni e spoliazioni avvenute sui territori, di come si è organizzato il dissenso, delle modalità di autogoverno che dalle lotte sono scaturite e delle misure repressive subite.

Sono invitati a partecipare e a porre le loro riflessioni sul punto: i movimenti di lotta ambientale e quelli che lavorano su reddito, diritti dei migranti, autogestione dei mezzi di produzione, diritto alla casa, welfare e cultura. Per riflettere sulle pratiche di conflitto e le forme di riappropriazione e di riarticolazione popolare della decisione politica.

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COME NASCE LA COSTITUENTE DEI BENI COMUNI

Commissione Rodotà e lotte per i beni comuni

A partire dalle soggettività, dalle lotte, dagli spazi che costruiscono il conflitto sociale, dall’intelligenza politica messa in comune dalla partecipazione, arriva a Napoli la Costituente dei Beni Comuni, che riprende e riapre i lavori della Commissione Rodotà (Commissione ministeriale per la Riforma del Libro III “Della Proprietà” del Codice Civile)

Immaginiamo di sviluppare il lavoro collettivo su due piani. Partendo dalle innovazioni sperimentate nelle lotte che si costituiscono intorno il lemma dei beni comuni vogliamo indagare quali strumenti giuridici – usi civici, sentenze, Statuti, delibere – possano tutelare beni che né la logica del profitto privato né quella di un pubblico radicato in stati nazionali ormai al tramonto, sono in grado di mettere al sicuro dalle spinte predatorie di interessi economici, criminali e dalla distruzione ecologica.

Tramite la Costituente ci impegniamo a promuovere una nuova produzione giuridico-normativa sui beni comuni, di concerto con una Commissione di studio che riprende i lavori della comissione Rodotà – composta da giuristi e studiosi di alto profilo –. In questo connubio di riflessioni e pratiche ci proponiamo di tradurre le nostre azioni in articolati e proposte legislative: una produzione collettiva di una scrittura politica – multitestuale, partecipata, emendabile e aperta – per potenziare lo spazio pubblico di discorso e di azione nell’orizzonte condiviso dei beni comuni; un processo generativo capace di generalizzare lotte diverse e costruire immaginario politico e giuridico che possa tradursi in nuove forme istituzionale ispirati a principi di democrazia.

Come nasce la Commissione Rodotà

Articolato: http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_12_1.wp?previsiousPage=mg_1_12&contentId=SPS47624

Fra il 1991 e oggi, al fine dichiarato di ridurre il debito pubblico, l’Italia ha dismesso beni per un valore aggregato di 140 miliardi di euro. Questa imponente svendita di beni pubblici è avvenuta al di fuori di qualsiasi principio giuridico ordinatore, in una condizione normativa obsoleta e del tutto inadeguata. Nel 2007 fu istituita una commissione parlamentare, presieduta dal Prof. Stefano Rodotà per studiare e proporre una riforma del Libro III della Proprietà del Codice Civile. Il disegno di legge, presentato in Senato, non è mai stato discusso.

Da allora la vittoria dei referendum sull’acqua, le lotte sul territorio (come quelle No Tav) e le occupazioni di teatri in tutto il paese hanno ridefinito e ricreato il significato di beni comuni. Si è profilata un’inedita alleanza fra cultura giuridica e le lotte dei movimenti, in particolare a partire dalla rilettura di norme costituzionali da anni dimenticate, quali la funzione sociale e l’accesso alla proprietà di cui all’art. 42 e il riconoscimento di comunità ex art. 43.

L’orizzonte delle lotte

Le forme di autodeterminazione e di autogoverno che si stanno manifestando nei vari territori dalla rete dei teatri occupati a tutti i comitati, i collettivi, i movimenti e i soggetti che resistono per la difesa dei territori, dell’ambiente, del paesaggio, della salute, dei beni culturali e storici, di istituzioni del welfare indispensabili al libero e pieno sviluppo delle persone, possono stressare con forza il diritto, spostare l’asse dall’illegale al legittimo per affermare nuovi modelli economici.
Attraverso le nostre pratiche vive, immagineremo modi di avere cura dei beni comuni che si trasformino in nuove forme di Statuti in cui le “comunità di lavoratori o utenti” siano protagoniste dei processi decisionali. La nostra lotta politica vuole farsi pratica costituente per invertire la rotta rispetto alle contro-riforme neoliberali e promuovere un’altra idea di cittadinanza, non solo formale.

Oggetto di studio della Costituente dei Beni Comuni sono:

A_Beni comunidefinizione normativa e approvazione di una nuova disciplina del diritto di proprietà, già in parte elaborata dalla Commissione Rodotà;

B_Reddito: a partire dalle proposte elaborate e sperimentate dalle realtà di movimento, e dalla proposta di legge di iniziativa popolare su cui sono state raccolte le firme;

C_Nuova disciplina delle proposte di legge di iniziativa popolare per rendere obbligatoria la discussione alle Camere e la possibilità per i promotori di seguire attivamente i lavori;

D_Web: Proposta per inserire nell’art. 21 della Costituzione l’accesso a Internet come diritto fondamentale della persona.

La loro istituzione, come categoria di beni, e la produzione di norme che ne regolino la tutela, le condizioni economiche, le forme di finanziamento, la gestione, la fruizione, saranno l’obiettivo del nostro agire politico generativo di un nuovo diritto vivo e legittimo.

Il processo dei lavori sarà completamente aperto, in forma assembleare e pubblica e si configurerà con una modalità itinerante, ospitato di volta in volta da realtà attive nei diversi territori.

LA TAPPA DELLA COSTITUENTE A NAPOLI

Ci interrogheremo su come si possano individuare i beni comuni, la cui eterogeneità (per esempio l’acqua, un teatro occupato, una spiaggia, i farmaci salva-vita, alcuni beni culturali) sembra impedire una contestualizzazione giuridica unitaria. Come si può immaginare una forma che li ricomprenda in una simile complessità, senza cristallizzare le istanze politiche che ne consentono l’emersione puntuale, grazie soprattutto ad una pluralità di lotte, anch’esse tra loro eterogenee, in cui vengono riscoperti e valorizzati tali beni.

Altro punto centrale sarà interrogarsi sulle forme del governo di beni comuni tanto differenti. In particolare parleremo delle pratiche sperimentali di autogoverno che nei diversi territori stanno provando ad affermarsi sia sul piano della legittimità politica che su quella amministrativa, delle loro difficoltà e dei loro passi in avanti, nell’ottica di costruire dei nuovi modelli istituzionali che possano riarticolare la decisione pubblica in una diversa forma di democrazia. Proprio dalla riscoperta di un diverso “uso comune” di tali beni e dalla loro presa in cura mutualistica ed orizzontale, possono nascere dei nuovi modelli di convivenza e della decisione del mondo “in-comune”. Ci confronteremo infine sul perché il diritto, così agito dalle soggettività emergenti in modo autonomo e diretto, possa rappresentare un’articolazione politica avanzata che sia di sostegno alle forme di resistenza che si sviluppano nei territori.

In definitiva interrogheremo gli studiosi e le realtà politiche su domande concrete, come:
Quali modelli di gestione caratterizzano queste forme di uso in rapporto estensivo verso la cittadinanza e non regressivo verso una comunità chiusa?
Come fare in modo che la critica dei beni comuni non colpisca solo le involuzioni degenerative del “pubblico”, ma anche gli animal insticts dei “poteri selvaggi privati”?
Come realizzare una gestione veramente partecipata e diffusa?
Quali forme di gestione assicurano il coinvolgimento della comunità di riferimento nel governo del bene e, attraverso forme di informazione (condivisione) e strumenti specifici di partecipazione estensiva, il controllo e il potenziale coinvolgimento di soggettività più ampie (fruitori, pubblico, cittadinanza).
Quali possibili modelli per rispondere all’intrinseca eterogeneità dei beni comuni?
Come tradurre questi modelli di governo e gestione in norme in grado di garantirne doppiamente la tensione profondamente democratica e la fluidità e processualità propria dei beni comuni?

Proponiamo inoltre la creazione di un gruppo di lavoro permanente tra giuristi e forze sociali per affrontare uno studio che possa partire dall’analisi della casistica emergente e di una possibile lettura di teorie e della giurisprudenza che si sta diffondendo sul campo. Un gruppo multidisciplinare aperto che abbia lo scopo anche di delineare possibili garanzie alla tutela delle soggettività che nelle loro dinamiche di conflitto individuano, generano e alimentano i beni comuni.

Le tappe della Costituente dei Beni Comuni

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