Se le  parole non fossero come pietre, come si suol dire, ma fluide come l’acqua, sciolte come il ghiaccio, vapore come l’aria, non avrebbero proprietari; a disposizione di tutti e tutte sarebbero, quelle parole.

Questo è il desiderio che c’è dietro la condivisione dei testi sulla Tela: che ogni scritto possa essere d’ispirazione, e quindi usato per creare. 

Se hai voglia puoi raccogliere i testi che trovi qui o sulla tela per creare un opera derivata.
Puoi anche condividere i tuoi scritti mettendoli a disposizione per eventuali creazioni.
Nel caso scrivi a
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Pulcinella delle 4 e Quarantena
Alle scaglie di guida
Inverno
Resta
I sogni di Icaro

1

 

Pulcinella delle 4 e Quarantena 

Scartellato, igienizzato, pulizzato e tutto scioccato
M’hann’ pigliat’ a terra, io nun ero preparato 
“Tu te ne i’ mò mò,nuje ce cacamm sotto 
Tu ce pass’ o virus cu chillu cuppulino rotto”

S’hann pigliato ‘a maschera, m’hann miso ‘a mascherina 
E hann’ itto “Statt’ a casa e pigl’ ‘o nculo, cartolina”
Ma io campo miez ‘a via, ncopp’ a sti sanpietrini sciem 
Hash tag io resto a casa e si na casa nun ‘a tieni?

Pandemie, epidemie, lazzaretti e miez’  ‘a via 
Me n’aggio fatt tant’ ma chist’ è tropp’ arrassosia 
C’hann nserrat a dint’, barricat’ fino ai diente
“però siate responsabili, nun ascite,state attienti”

E vuje quann’ v’ ‘o carriate e chell’ c’ate fatt a nuje 
C’ate tagliat’ tutt’, pur’ ‘a rraggia se ne fuje 
Cheste so’ prove generali, me l’ha ‘itt’ l’intestino 
Gualgiù, m’è asciuta n’emorroide che arriva fino abbasc’ ‘e rin

Che all’immunità di gregge già c’avite  abituato
Pure primm’ d’ ‘a catastrofe, o eri ricco o eri affamato
N’avite fatt ‘e piriti e mò ve mettite e mascherine 
Ce sta a gente sul’ a casa, che fa? se chiava l’amuchina

“No però alle sei ci sta una bella distrazione  
Latino americano di Mameli sul balcone” 
Allora llà io m’arricreo, che poco prima d’ ‘o tramonto 
‘a vrenzolona ccà ‘e rimpett’,  me fa ‘o tampone cantann a fronna

SalvaItalia, CuraItalia, prima l’igiene, ‘o pesce all’aria 
Un metrò di sicurezza, na quarantena tutt’arbitraria 
La distanza è a primma cosa, se ne vulimm ascì cuntent 
Scurdatev’ ‘o contatto, ‘a pusteggia e ‘o sentimento

Mò v’ata stà cuieti, igienizzati e mascherati 
Che hanno fatto l’ordinanza di farvi tutti allitterati 
Mò è o mument’ ‘e Dosotewsky, d’ ‘o Vangelo, di Silone” 
“Stev’ aspettann’ a quarantena, no? pe’ addiventare prufessore”

“Nun v’ata spartere cchiù ‘e suonne, sono vietate le corsette,  
‘e passeggiate ‘o mare v’è facite ‘int’ a tualette”

No, nun ce sta complotto, è solo un fatto di gestione 
E lo stato di emergenza è ‘o casatiello ‘ell’ elezioni 
Massimizzar la confusione, ‘o militare, e ‘a protezione 
‘i, che bella strategia sta areto a chistu decretone

Tutti provati e allontanati, guagliù,  ne ascimm’ acculuturati 
I’ dint’ a vita io m’aggio lett sul a scadenza ‘e ll’ insaccati 
Ma mo cu chesta quarantena penzo m’ ‘o legg’ nu giornale  
Hash tag io resto a casa, 

a casa mia è nu rinale 

Contagiati, influenzati, di amuchine coronati 
vì, che culo, bell’ e buon stamm ‘a Scalea, comm’ ‘e  pensionati 
“possiam far quel che sempre, in vita abbiamo tralasciato” 
“mò m’mparo ‘o flauto dolce, e chi m’ ‘o pava l’abitato?”

 E che bella cavalcata di potere llà pe’ pe copp 
“Mascherine all’asta”, po’ ‘o bell vene aropp 
Mò arricetto nu mercato nero de li perduti sentimenti 
E ve facc’ vedè io, che vò dicere assembramenti

No, pecchè già sto murenn, e v’ò ddico in ddoje parole  
Io nun mi fido manc’ cchiù ‘e chi me venn’ ‘e pummarole 
Allò nun se ne salva uno pecchè stamm’ tutt’ ammischiati 
Uber, Glovo mammet e pateto, simm tutt globalizzati

Io nun tengo ‘a soluzione, però aggià pava o pesone 
C’arrecettamm tutt quant mentre cantamm’ acopp o balcone? 
Oppure ce guardamm nfacc’, ncopp’ a sti mmerde ‘e cellulari 
E arraggiunamm’ che ‘a catastrofe era già primma ‘e accumminciare

(Angela Severino)

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2

 

Alle scaglie di guida.

Intersum

 L’amore non finisce.
Lo san bene gli amanti.
Sopravvive anche loro.
Anzi, 
malgrado loro.
Lo sappiano anche
i resistenti dell’umanità.

Peggio dell’assedio dell’assenza
c’è solo l’assenza in presenza
non c’è peggior cosa del silenzio
lo sa il torturatore di fino
per sfiancare, spezzare e stroncare
l’ultima delle r-esistenze.
I silenzi infrangibili,
le risposte disattese,
le domande che cadono
in vuoti fragorosi.

I. Il carapace

Prima correvamo,
ognuno da una parte,
seguendo il proprio corso,
rivi l’uno all’altro,
indifferenti, come rette parallele.

Usciremo come talpe,
dai nostri arresti domiciliari,
dalle nostre ferie coatte,
dalle nostre convivenze forzate,
dai nostri bracci di rigore.
Usciremo nel sole,
che ci accecherà.
Andremo verso il mare,
per riempire di infinito i nostri occhi,
per smarrirci all’orizzonte,
fra stese di acqua e cielo,
lontano dalle pareti.
Scrollata via la casa-guscio,
quel carapace che ci sentivamo addosso.

II. Il respiro della terra, la prossima volta

Dimenticheremo
la sete dell’altro,
la fame di pelle,
la voglia di odori.
Torneremo a chinare lo sguardo,
a volgerlo dentro di noi.
Riprenderemo a distrarci,
a scordarci la lezione.

III. Trascurabili granelli

Le tante sveglie
nulla potranno contro l’intorpidimento.
Si farà risentire il sonno della ragione.
Riprenderemo a correre,
non distingueremo più
fra beni essenziali e necessari.
Tornerà il torpido umano nelle acque,
ricacceremo i cervi nei boschi,
i palazzi non si specchieranno più nei canali.

Non canteranno più gli uccelli.

Tornerà 

il rombo degli aerei

a coprire

i nostri pensieri.

La terra tornerà a trattenere il respiro
perché non avremo capito.
Fino alla prossima volta.

Riprenderemo le vecchie catene

baratteremo la nuova solitudine

con modesti salari.

Saliremo di nuovo 

sui treni della

produttività.

Tutto ciò cui 

la mancanza

aveva ridato un senso

l’altro, la solidarietà, gli abbracci

tornerà a essere sostituito dai soliti disvalori.

Il disvalore aggiunto,
il disvalore di mercato,
il plusdisvalore,
il surplus.

Frizionato via il muschio

torneremo a farci rotolare

fino a consumarci in trascurabili granelli?

IV. Il balzo

Insieme saremmo potuti esser montagna

(montagna ci si sente, prima che si sia)

a un unico (a)mare avremmo potuto

compartecipare.

Le umane miserie di ciascuno
sarebbero potute essere
ricchezza di tutti.

(Il presente fan presto a declinarlo al passato,
il futuro lo rendon già congiuntivo,
e torneremo presto a carezzare i nostri privati condizionali)

Fallita,
della memoria fallace,
è la razza umana,
che ancora non vuol sapere

che l’arsura insegna l’ebbrezza

che il fermarsi fa apprezzare il viaggio.

Avremmo dovuto 

tenere gli argini

contenere la furia

temperare la smania.

Sciameremo di nuovo,
con le nostre risa vacue,
consentiremo all’incontinente fatuo
di manovrarci
e riportarci al pragma.

Non avremo saputo riconoscere
il bisogno vero
e consentiremo a quello falso
di separarci.

Dimenticheremo quel che siamo stato.
Torneremo a stordirci e distrarci.
Non compiremo il salto
che dal far il bene comune
ci avrebbe portato al comune sentire,
all’essere insieme con
al sentimentare insieme a.
Ci richiuderemo nelle piccole cerchie fatate.
Ci sigilleremo nei rispettivi campi,
d’interessi privati,
a concentrarci su noi,
quelli prossimi a noi,

di nuovo dimentichi

degli altri da noi.
Torneremo a escludere il diverso,
a ucciderlo in noi,
per poi compartimentarlo.

Immaginandoci un nuovo modo
d’intendere la noità,

che non lasciasse nessuno dietro
forti della convinzione
che tutto è impermanente
e precario
ed effimero
tranne il nostro relazionarsi

che tutto l’essere
muta in non essere
e solo l’interessere vale

che sentire l’altro

non farlo strumento di sé

fa sentire me stesso.

Che conoscere l’altro
mi fa riconoscere parti di me.

Che nessuno è indipendente
ma tutti interdipendiamo.

E non c’è alieno e non c’è avulso,
non c’è nemico e non c’è straniero,
che nessuno salva nessuno,
ma tutti ci salviamo

 – nella cura – 

allora avremmo spiccato il balzo
anziché cadere
ciascuno solo
com’è venuto.

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3

 

FIORI DI PESCO

Cara primavera
Il mondo se la prende con te
Fiorita quando tutto sfiorisce
Le idee che sempre porti a sbocciare ora semi persi, distanti
Un fiore cresce, lontanissimo dall’altro
i campi si estinguono
Le idee sfioriscono, come petali stanchi
e alcune si raccontano indegne di nascere

TERRA IN STANZA

Cara primavera
Chi ascoltare, se non te?
Gli alberi silenziosi
D’ improvviso
Che ci fai qui?
E dove altro potrei essere?
Un ramo si spezza
il fiore bianco cade qui
e in tutti i campi del mondo
La terra si solleva
sotto ogni piede scalzo
Entra un granellino in qualunque sguardo
Nella propria stanza
in tutte le stanze
c’è chi sogna una mano che glielo tolga dall’occhio

NEVE

Quale primavera?
Freddo d’ improvviso
E congeli i pensieri
Fiori bianchi di bianco coperti
Ogni racconto passa ad altra vita
per conservarlo
e scioglierlo
nel tempo in cui non ci saranno più frane
ma solo sogni
tra antiche trame

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4

 

Resta.
Video sconvolgente: in ospedale posta un video in lacrime.
Esplode raccolta firme, dopo personali esposti grave falla.
Con la quarantena bollente dei casi positivi, cancellare i programmi.
Proroga chiusure: “si portano dietro i veleni”.
Nati nei giorni della crisi: boom, balzo e tonfo con i nuovi dati.
In chiaro i dati sensibili: vogliono tornare in mare.
Chiede di far entrare.
Si aggiorna, con un nuovo strumento: tornano le misure restrittive.
Picco di contagi.
Importati.
Dopo.
“Senza etica voi”.
Smemorati sulla guerra, ripartano prima.
“Esca chi ha anticorpi”.
I dettagli del piano? Lasciare tutto aperto.
“Aprile arriva: mi manca il mio paese guarito”, il messaggio su instagram.
“Se ci impedirete di produrre ed esportare nessuno sarà bocciato”.
Le reazioni social.
“Il taglio è legge”, l’hair stylist secca replica.
Accordo aggiunto fa parte del passato, resta senza rinnovo.
“Spalma o se ne va?”.
Senza gli amici dà l’addio: “calciatori non camionisti”.
Battaglia contro il no al divieto.
Colpo di spugna: massacra, produce orrore televisivo e si appella: “dite addio all’applicazione: meno paletti”.
“A chi spetterà prorogate prevista fase di convivenza.
Con il virus”.
Scambi di persona: incastrata dal racconto shock, sta indagando.
Torna giù, del tutto sbilanciato.
Gli ultimi dati fanno tremare.
“Annunciati i nuovi giochi: senza cibo e incapace di alzarsi non riconosce più”.
Resta.

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5

 

I SOGNI DI ICARO

Potessi accarezzare le nuvole
sfiorare i miei confini
i miei sogni
unire con gli occhi terre lontane.

Un giorno avrò lo stesso sguardo
del sole
sarò il faro del mondo
e l’eterno sarà il mio elemento.

I COLORI DELL’ADDIO

Dei tramonti ormai so tutto;
quell’arancione di fuoco
figlio del tuffo del sole
lo ritrovo negli sguardi
inarcati nell’addio
in quell’istante che è denso
di colori e vecchie storie.
Ma seduti in riva al mare
con lo sguardo che è rivolto
a quel segreto dorato
che per noi è meraviglia
sembra che il peso del vero
si disperda tra le onde,
come se la fine fosse
un disegno naturale.
E sarai sole in picchiata
lenta e solitaria
e tingerai il mio cammino
dei colori dell’addio,
ma sarai l’Eternità
il ciclo dei pianeti
la Legge e la Verità
quel colore dell’animo
che porta il nome di “vita”.

LA POSA

Si vive di ciò che resta
della polvere che l’acqua
non riesce a portar via.

RESISTENZA

Resta una parola a testa alta
a difesa della civiltà
contro la barbarie che avanza
contro tutte le ruspe e i daspo,
pilastro del tempio eretto
in onore degli oppressi.
Quando ogni crimine è stato compiuto
quando il capitale
viene prima di tutto
non resta che la disobbedienza
non resta che la lotta
non resta che l’amore
e la fratellanza universale.

LA FISICA DELL’ACQUA

Un corteo segue
la fisica dell’acqua;
nasce dalla miseria, dalle richieste
a cui non si risponde,
e tra le pieghe dell’indifferenza
si raccoglie e si gonfia.
Ogni goccia rimbomba
fino a farsi coro
di una sola voce
e inizia a scorrere
lungo gli argini della città.
E quando si prova a comprimere
quel torrente di domande
con un tappo o una diga
il contenitore si flette e si spacca
in un assordante tumulto
che travolge ogni cosa.
E’ la fisica del silenzio
a richiedere l’esplosione.

L’AUREOLA DELLA LUNA

Il buio mi fa vedere più in là
accompagna il perimetro del corpo
nel silenzio della volta celeste
ma poi si fa sostanza del vedere
quando il crepuscolo si fa sillaba
e sospiro del mondo interiore.

L’ORIZZONTE DEGLI EVENTI

Oltre l’orizzonte degli eventi
non ci sono albe o tramonti
o spiagge, appigli e scogliere
ma c’è l’inspiegabile, l’idea,
il confine della nostra mente
e del pensiero che lì si ferma
e dà spazio alla poesia.

LA TEMPESTA PRIMA DELLA QUIETE

Il dolore apre le porte
ribalta tavoli e sedie
rimbomba
trascina e travolge
e quando ha sparso i segni
i pensieri
e le parole
ammassate in torri di carta
si accanisce sui sostegni
e scava
mischia terra e carta
radici
acqua e argilla
impasta tutto ciò che trova
e inventa nuovi miscugli
nuovi mattoni e sostegni
e da lì pensieri
parole
segni e porte da aprire.

MAR MEDITERRANEO

Sei come lo spazio tra due persone
che parlano guardandosi negli occhi
e in quello sguardo ritrovano sé stessi.
E’ in quel dialogo secolare
fatto di onde, vento, vele e legno
che è nato un sostrato comune
come se la civiltà fosse un tempio
di mare, sabbia, stelle e conchiglie.

LA CITTà SOMMERSA

E’ dal terreno smosso dagli eventi
è dal tremore che spacca gli scogli
nelle profondità del nostro io
da quel buio profondo
che nasce
il colore che da
nuova luce
al sole e alle altre stelle.

[Achille Pignatelli]

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