Riportiamo l’articolo apparso il 4 agosto 2015 sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno a firma di Mirella Armiero e pubblicato sul sito del giornale qui.

Artisti, studenti, professionisti. Ecco chi fa cultura in vico Maffei. «Ma non chiamateci occupanti. Ci autofinanziamo ma ora vorremmo accedere anche ai fondi pubblici»

A metà dell’estate nell’ex Asilo Filangieri si fanno le grandi pulizie. Gli ampi, storici spazi dell’edificio alle spalle di San Gregorio Armeno, occupati nel marzo del 2012, sono pieni, in bell’ordine, di opere d’arte, fotografie, attrezzature. Il teatro è stato costruito pezzo per pezzo dagli «occupanti», ora funziona perfettamente e ha ospitato tanti artisti, da Enzo Moscato a Davide Iodice, da Francesco Saponaro fino a Romeo Castellucci, da tempo lontano da Napoli. Nella falegnameria c’è tutto l’occorrente per gli scenografi, ma chiunque può usare gli strumenti sotto la supervisione dei più esperti.

L’atmosfera è allegra, ramazze in spalla, si lavora nonostante i 30 gradi e passa. Il principio è questo: all’Asilo ciascuno contribuisce come può. La gestione è collettiva, ma non evochiamo terminologie anni Settanta: qui si preferisce parlare di «comunità». L’esperienza del Filangieri è maturata: il dato salta agli occhi mentre assisto a un’assemblea di gestione dove si programmano le attività.

Inoltre l’ex Asilo non si accontenta più della delibera comunale che riconosce la sua attività. La ricerca oggi è quella di una nuova forma giuridica per dare una definizione a questo lavoro che sta dando grandi frutti. Il meglio della cultura nazionale e internazionale passa di qui: ci sono stati Jan Fabre, Bob Ostertag, il già citato Castellucci, ma anche giuristi come il francese Pierre Dardot, studioso dei beni comuni e poi seminari con Maurizio Zanardi, Sergio Longobardi e tanti altri. In arrivo c’è un gruppo di artisti dal Giappone e già si discute la programmazione dell’autunno.

Giuseppe, ricercatore in materie giuridiche (i cognomi preferiscono tacerli, per evitare protagonismi) spiega la novità: «Stiamo scrivendo il nuovo regolamento, o meglio una convenzione che superi la dicotomia tra pubblico e privato. Il cittadino nel nostro caso amministra direttamente il bene comune. Non ha solo l’accesso allo spazio, ma anche potere decisionale, naturalmente a patto di rispettare delle precise regole. Non è una nostra invenzione, lo ha teorizzato il premio Nobel Elinor Ostrom, ma in Italia questa formula non è mai stata applicata finora».

Margherita è un avvocato, ha 32 anni, e viene da Avellino. «Mi sono avvicinata all’ex Asilo dopo averne sentito parlare all’Eliseo, uno spazio della mia città dove si sta vivendo un’esperienza analoga. L’Asilo è una piazza aperta, in continuo miglioramento, dove si possono sperimentare pratiche politiche e di autogoverno impensabili altrove e soprattutto lontane dai partiti». Aspirate a entrare nel governo della città? «Certo, è quello che vogliamo, ma a modo nostro». Viviana, 32 anni, viene anche lei da Avellino e si occupa di progettazione europea, ma ha fatto anche esperienze da attrice. «L’Asilo lo frequento da poco, vivevo a Parigi, poi ho lavorato al San Carlo con Dragone del Cirque de Soleil». Chi ti piacerebbe vedere negli spazi dell’Asilo? «L’ospitalità di grandi artisti è importante ma la prima cosa è garantire le condizioni necessarie per la produzione». Peppe ha 41 anni ed è uno scenografo. «Fantastico lavorare qui. Siamo riusciti a creare una comunità». Valentina è un’attrice di 28 anni. È qui con il marito Marcello, regista, e il loro bimbo di nove mesi. «Mi occupo della programmazione delle arti della scena». Il programma dell’Asilo ha una linea sempre più coerente e ben precisa. «Le decisioni sono orizzontali ma i progetti che ci interessano sono quelli che privilegiano la sperimentazione e l’incontro delle diverse discipline». E i soldi? «Vorremmo darci una forma più strutturata, sia giuridicamente, sia per i fondi. Finora ci siamo basati sull’autofinanziamento, però vorremmo provare ad accedere a quelli pubblici». Ritenete necessario il famoso assessore alla cultura che De Luca non ha nominato ? «Il problema non è la mancanza di un assessore ma l’eventuale disinteresse per il settore. L’assessore non è un filtro che deve gestire il potere, deve piuttosto cogliere l’humus della città».

Intanto all’Asilo si sta formando un nuovo pubblico. «È uno dei nostri obiettivi», spiega Elena, 33 anni. «La grande sala teatrale è aperta per le prove a tutta la città. Qui Moscato ha ricevuto un’autentica ovazione per il suo Compleanno. Lo aveva già rappresentato in tanti teatri ma da noi ha raggiunto un pubblico nuovo, che magari non lo conosceva». Arriva Adriano con i suoi bambini, il gruppo si allarga e la discussione ferve, mentre si prepara una pasta allo «scarpariello». I ragazzi (ma non tutti sono poi così giovani, molti hanno vissuto all’estero e poi sono tornati) vogliono spiegare, far capire che si ritengono «politicamente attivi», che «sono diversi dal Teatro Valle», che ha cercato una configurazione nell’ambito del diritto privato. Andrea, attore, tra i fondatori, parla di «laboratorio Napoli, dove si sta sperimentando davvero cos’è un bene comune». Allora la rivoluzione arancione di de Magistris non è fallita? «Il Comune si è messo in ascolto di una pratica, ci sta lasciando sperimentare». Non avete paura di essere etichettati come i ragazzi radical chic che «fanno l’autogestione»? Qualcuno ride, conosce già queste critiche: «Preferiamo non rispondere, è qualcosa di talmente lontano da noi che non ce n’è bisogno. Piuttosto invitiamo tutti a partecipare, ciascuno come può, secondo il concetto di banca del tempo. L’Asilo è un generatore di felicità, qui ci si diverte prima di tutto». E questo di sicuro non è poco.