martedì 24 giugno 2014 h 21 | l’asilo

COMPLEANNO

di e con Enzo Moscato

(ante-Compleanno: testimonial Giuseppe Affinito)

scena e costumi Tata Barbalato
voce su chitarra Salvio Moscato
organizzazione Claudio Affinito

nell’ambito di CANTIEREASILO
un mese di teatro e danza all’asilo

CantiereAsilo apre al pubblico alcune delle esperienze di teatro e danza che durante l’anno sono nate e si sono sviluppate all’Asilo: prove, laboratori, percorsi di formazione, residenze, incontri di improvvisazione.

Dedicato alla memoria di Annibale Ruccello, giovane drammaturgo tragicamente scomparso nel 1986, il testo sviluppa il doppio tema incrociato dell’assenza e del delirio, intesi entrambi come produzioni fantasmatiche fatte di parole, suoni, visioni, gesti, e mirati a colmare il vuoto, l’inanità dell’esistenza. O del teatro. Una specie di esercizio quotidiano del dolore, del controllo e di elaborazione della pulsione di morte, senza assumerne, però le condotte autodistruttive, ma sorridendone, talvolta godendone come una festa, un ciclico ricorrere di affinità elettive, di sconvolti, teneri ricordi.

Uno spazio alquanto disadorno eppur pomposo.
Un tavolo, due sedie, forse tre, non si sa ancora.
Sedie poste l’una di fronte all’altra e/o d’accanto.
Comunque, nella posa di un intimo, forsennato colloquio.
Il tavolo invece sembra essere in attesa di un holiday
tra amici o un birthday-meeting tra comari cinguettanti.
Sulla tovaglia, in numero contato, rose rosse finte con
bottiglia di modesto spumante già stappato e una
coppa di metallo ordinariamente opaco.
Nei pressi della coppa, ma in un angoletto,
dardeggiano diademi di stagnola, orecchini spaiati,
E poi, da qualche parte, in fantasmatica parata, incedono
Ines, Bolero, Spinoza, i sorci, le matte, le gatte Rusinella,
i mutanti, i maniaci, gli innesti, le ibride bebées-eprouvette,
pirati, priori,scrittori,inquisitori, playbackiste, alligatori,
razziatori di pistole, pronte ad essere suonate come sax
una volta scartocciate da corbeilles d’intricate narrazioni.
Materiale infiammabile, e si vede, proveniente da galassie
papiriche-tufacee, rigorosamente made in Naples ovvero
sfiorato appena dalla luce,
rossetti inaciditi.
Babbilonia.

PER ANNIBALE

di Enzo Moscato

Emotivamente, ho sempre “rifiutato” la morte di Ruccello.

L’ho rimossa, negata, sin dai primi istanti successivi alla incredibile, terribile notizia, datami per telefono quella sera del 12 settembre 1986. E questo rifiuto, questa rimozione, questa negazione del suo svanire fisicamente dal mondo e da questa città (che, in verità, non l’ha mai amato, come non ama nessuno che voglia cambiarla o aiutarla a cambiarsi) continua a persistere in me, ancora tuttora, con una caparbietà e una tenacia infantili che, sono certo, dureranno fino a che avrò respiro, fino al giorno in cui anch’io, suo amico e suo complice a teatro, sarò chiamato a raggiungerlo là dove credo si è rifatto un’altra bella carriera. Qualcosa di avventuroso, ma che nulla ha a che fare coi teatranti. Me lo immagino ora, un trafficante d’armi, come Rimbaud dopo la grande stagione all’inferno della sua poesia, o cacciatore di tenebre esotiche, come i migliori eroi di Conrad.

Questa persistenza della vita di Ruccello in me, oltre e nonostante la morte, questa specie di “Malombra” ma senza compiacimento letterario, è da ascrivere senz’altro all’onnipotenza magica, annullatrice del reale, di uno schizofrenico, certo; ma anche all’intima, differente natura di quelle enigmatiche creature che, per convenzione, chiamiamo artisti, e che non si arrendono mai (non dovrebbero arrendersi mai) neppure davanti alla più evidente bruttura del reale, al più spietato tradimento del nostro puerile, ma sublime, sogno di eternità. Eternità da guitto, è logico. Tutta fintoni, cantinelle, mezze quinte, carta pesta.

Qualcuno troverà che sragiono, ma per me è naturalissimo che io viva così, ancora a tutt’oggi, quel geniale fanciullone; quel candido e, allo stesso tempo, perverso estensore di storie ispirate al ‘camp’, alla novellistica nera, ai ‘cult-movies’ americani, innestandoli sul grande tronco della letteratura verista o naturalista meridionale, imbrattandoli, di continuo, con la sua fecale, irriverente, martellante lingua tutta vesuviana. Trovo naturalissimo conservarlo nelle parole che batto a macchina, nei gesti che traccio sulla scena, nelle volute della voce tesa ad accendere inquiete interrogazioni negli orecchi di chi ci viene a guardare o a ‘sentire’ a teatro.

***

All’Asilo i concerti, gli spettacoli, le proiezioni, gli incontri sono ad ingresso libero. E’ gradito un contributo a piacere che serve ad abbattere delle spese minime e a dotare gli spazi dell’Asilo dei mezzi di produzione necessari ai lavoratori dello spettacolo e dell’immateriale per produrre arte e cultura.

Segui l’evento su facebook