Domenica 19 gennaio 2020 ore 18:30 | l’Asilo

Proiezione de Gli amanti del Pont Neuf

Gli amanti del Pont Neuf
(Les Amants du Pont-Neuf)
di Leos Carax
Francia 1991,
v.o. sub ita,
125′

Si apre la rassegna domenicale che attraverserà l’Asilo: FINALMENTE DOMENICA. Un momento in cui l’Asilo apre la sua sala cinema per offrire un crepuscolo domenicale diverso, all’insegna della cultura, diffondendo, con un format aperto, i capolavori neoclassici d’un cinema altro. Nelle prossime domeniche proietteremo capolavori di Hal Ashby, Martin Scorsese, Kore’eda, Rohmer…

E’ quanto meno curioso quel che accadde dopo il clamoroso tripudio della cinefilia mondiale per Mauvais Sang: finalmente, dopo venticinque anni, la Francia ritrovava un genio, un Godard, e questo evento scoppiava in piena ondata “commerciale” ( impazzava un cinema di steroidi e mito-dei-dollari e pubblicità surrettizie). Fu data (quasi) carta bianca dai produttori all’allora ventisettenne Leos Carax ( all’anagrafe Alex Oscar “Dupont”, banale intuirne l’anagramma), che con due lungometraggi aveva convinto praticamente tutti (Boy meets girl 1984 e soprattutto il geniale e sopra menzionato Mauvais Sang 1986), reggendo in equilibrio, per così dire, barocchismo e narrazione, forma e sentimento, giovinezza e tradizione, la Binoche e Piccoli, e padroneggiando ogni genere con precocissima sapienza.
Il travaglio delle riprese di quello che è il film che chiude la Nouvelle Vague in solitaria di Carax, Les amants du Pont Neuf, e che proponiamo all’Asilo, è cosa nota: dall’aumento spropositato di budget – che ne fece, all’epoca, il film più costoso di una produzione francese, soldi a dire il vero tutti andati per spettacolari scenografie – all’ infortunio dell’attore feticcio di Carax, quel martire chiamato Denis Lavant e che ci regala, ancora, una performance – è il caso di dirlo, come sportiva – memorabile. Il film poi fu al contempo fiasco al botteghino e cult tra giovani e cinefili, e a Carax non avrebbero mai più affidato tanto denaro per un film.

Sarebbe difficile e forse pretenzioso presentare l’opera per quello che è in filigrana; attenendosi al fatto, si narrano le vicende un clochard e una studentessa dell’accademia delle Arti che ha perduto la vista da un occhio. E’ una storia d’amore struggente, verrebbe da dire stendhaliana tanta è forte la passione dei protagonisti, la loro adorabile follia, quel fregarsene della società che non è neanche minimamente paragonabile alle fughe idealistiche di film successivi (Bertolucci o Garrell per restare in Europa), e forse neanche dei precedenti godardiani; una fuga comunque non priva d’intonazione politica – occorre scansare lo squallore sentimentale borghese e gli unici che possono farlo sono gli individui fuori dalla storia, i menomati, i clochards. Siamo lontani pure dal pastiche tra fiaba e noir di Mauvais Sang: il film è lineare, a tratti melò;sfiora per un’ora e più il realismo magico di Carné, se proprio vogliamo affibbiargli un genere. Poi c’è il finale. Colonna sonora che migliore non si può: Bowie, Iggy Pop, Public Enemy, Strauss…

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