Dopo la grande partecipazione alla rassegna estiva di cinema all’aperto Fino all’ultimo respiro, continuano le proiezioni all’Ex Asilo Filangieri.

UN GATTO COLOR ARANCIO
Omaggio a Chris Marker | rassegna di cinema all’Ex Asilo Filangieri

domenica 23 settembre | ore 19
La Jetée
di Chris Marker  | Francia, 1963, 28′
L’esercito delle dodici scimmie
di Terry Gilliam | USA, 1995, 131′

martedì 25 settembre | ore 21
Sans soleil
di Chris Marker | Francia,1982, 100’

martedì 2 ottobre | ore 21
Level Five
di Chris Marker | Francia,1997, 105’

martedì 9 ottobre | ore 21
Le tombeau d’Alexandre (L’ultimo bolscevico)
di Chris Marker | Francia,1993, 120’

l’ingresso è libero, la sottoscrizione volontaria

L’Ex Asilo Filangieri si trova in vico Giuseppe Maffei 4 (via San Gregorio Armeno) Napoli
Come arrivare all’Asilo

L’immaginario è l’arma politica, questa è la sfida.

Partendo da questo assunto Chris Marker, nome d’arte di Christian François Bouche-Villeneuve (Neuilly-sur-Seine, 29 luglio 1921 – Parigi, 30 luglio 2012), dopo il debutto in collaborazione con Alain Resnais, comincia le sue peregrinazioni: racconta una Dimanche à Pékin (1956), invia una Lettera dalla Siberia (1958), saggio di geografia umana e politica sulla realtà siberiana di un ‘genere’ mai visto sugli schermi. Fa seguito Cuba sì (1961), che si oppone alla generale disinformazione della stampa su ciò che sta avvenendo sull’isola di Castro.
Talento immaginifico che supera le convenzioni di generi, tematiche, narrazione e che dedica la sua attività artistica all’immagine e a tutte le varie forme in cui essa si può combinare, ha inventato quello che fu poi definito il film saggio: affascinante incrocio di riflessione filosofica, immagine documentaria, found footage, tecnologia digitale e materiale d’archivio. Lo studioso Serge Toubiana e il regista Costa Gavras hanno detto di lui: “La sua opera ha seguito e sposato la seconda metà del XX° secolo tenendosi alla giusta distanza dagli eventi storici che hanno sconvolto il mondo: Cuba, il comunismo sovietico e cinese, la guerra del Vietnam, il maggio 68 in Francia, il Cile, le lotte operaie e quelle per l’emancipazione, l’autodeterminazione e la libertà”.

Anche se è per lo più conosciuto per il suo cortometraggio La Jetée (1962), dal quale Terry Gilliam ha tratto uno splendido remake come L’Esercito delle dodici scimmie, in realtà la sua produzione si estende molto in profondità e si nutre di tutte le esperienze passate di un uomo di cultura che ha avuto la fortuna di studiare filosofia con Sartre e di girare mezzo mondo come traduttore e giornalista. Egli ha lasciato che a parlare fossero le sue immagini piuttosto che la sua immagine.

Per conoscere l’inafferrabile cineasta, bisogna dunque lasciare parlare i film: la maggior parte dei quali viene sbrigativamente classificata nella categoria dei documentari, mentre appartiene piuttosto alle esperienze di cinema sperimentale. Intanto bisogna dire che Marker è un instancabile viaggiatore, affine a Joris Ivens nella comune curiosità per i Paesi in fase di grandi trasformazioni politiche. Nel celebre Le joli mai, del ’62, spesso citato fra i precursori del cinema-verità, Marker interpella la “gente della strada” a Parigi, il suo scopo non è la banale obiettività: l’intervistatore infastidisce l’intervistato, si sforza di ottenerne le confessioni per giungere alla ‘sua’ verità. Nel 1967 partecipa assieme a Jean-Luc Godard, Agnès Varda e Joris Ivens, al film collettivo contro la guerra del Vietnam Loin du Vietnam, cinema militante, come il lungo (240 minuti nel 1977 poi rimontato nel 1993) Le Fond de l’air est rouge (1977-93), con musiche di Luciano Berio, nei cui titoli scrive: “i veri autori di questo film sono tutti coloro il cui lavoro si oppone a quello dei Poteri, che ci vorrebbero tutti senza memoria.”

Per il grande regista e amico Akira Kurosawa decide di fare un saggio metacinematografico, AK (1985), così come in Le tombeau di Aleksandre (L’ultimo Bolscevico, 1993), dedicato al regista sovietico Aleksandre Medvedkin, e ancora Une journée d’Andrei Arsenevitch (1999), su Andrei Tarkovsky. In Sans Soleil (1982) confluiscono la maggior parte delle sue ossessioni: il Giappone come Mondo culturale, il confronto con gli usi e costumi di altre culture, la politica da un punto di vista antropologico, il processo di trasformazione che porta la Vita a diventare Storia. Ovviamente, vi rientrano anche le riflessioni e i punti di vista di Marker, spesso illuminanti e critici, nonostante egli abbia sempre cercato di addentrarsi nelle cose con un il piglio del saggista il più distaccato possibile: una “oggettività coinvolta”, nelle sue stesse parole. Marker, infatti, in una riflessione sulla memoria e la storia dice: “non siamo perseguitati dalla storia, ma dalle sue immagini. La rimozione storica procede di pari passo con la rimozione delle immagini della storia, per cancellare un evento è sufficiente cancellare le prove visive della sua esistenza o falsificarle”.

Non va poi dimenticato che tra il 1996 e il 1997 Marker ha diretto l’enigmatico Level 5 in cui un videogioco sulla battaglia di Okinawa diventa il telaio per una riflessione sulla storia e sulla guerra – reale/virtuale – e sul fascino sinistro delle simulazioni. Nel 2004 viene proiettato al Centre Pompidou il suo film Chats perchés, che ha come protagonista il graffito di M. Chat, un gatto comparso qualche tempo addietro sui muri di Parigi ed Orléans.

Così restio ad apparire in pubblico spesso Chris Marker amava rappresentarsi con l’immagine di un gatto color arancio.

°°°

I film 


La Jetèe

un film di Chris Marker, con Hélène Chatelain, Davos Hanich, Jacques Ledoux b/n durata 28 min. – Francia 1963

Il film narra la storia di un uomo anonimo che è ossessionato da un’immagine del proprio passato che è rimasta impressa nella sua mente: una domenica pomeriggio, mentre era all’aeroporto per vedere gli aerei che atterravano e decollavano rimase folgorato dalla bellezza di un viso di donna. Gli avvenimenti ricordati sono piuttosto confusi, ma più pensa al fatto e più gli sembra di ricordare di aver visto anche un uomo morire. I ricordi intimi del protagonista, essenzialmente legati al ritorno della figura di una visione, quasi di un amore d’infanzia, sono organizzati in un racconto fantascientifico snaturato della sua forma classica. Egli è l’ambiente, la cavia di un esperimento di cui egli è al tempo stesso la chiave e il segreto. La memoria fotografica. Un “photo-roman” futuristico, composto da fotogrammi fissi – eccetto la breve sequenza di una donna che apre gli occhi – tenuti insieme emotivamente e filosoficamente dalla voce narrante. J. G. Ballard riferendosi al susseguirsi di queste pose fisse, afferma che “questa successione di immagini sconnesse è il mezzo perfetto per proiettare i ricordi quantificati e i movimenti nel tempo che sono il tema del film ”

°°°

Sans soleil
un film di Chris Marker. Con Florence Delay, durata 100 min. – Francia 1983

Una donna legge e commenta le lettere che riceve da un amico cameraman, il quale si interroga sul senso della rappresentazione del mondo di cui egli è l’inarrestabile strumento e sul ruolo della memoria che contribuisce a costituire. Un suo compagno giapponese risponde da parte sua aggredendo le immagini della memoria, smembrandole al sintetizzatore. Un cineasta (Marker) si impadronisce di questa situazione e ne fa un film.
Sans soleil è come uno sguardo sfuggente, non ci si ricorda precisamente cosa si è visto, restano soltanto nella memoria dei frammenti: tre bambini islandesi che sorridono (la felicità), una donna al mercato in Africa (ci guarda e ci interroga), degli uomini sulla metropolitana di Tokyo, facce, visi, tratti che si mescolano in una moltitudine di espressioni collegate da malinconica unitarietà. La Jetée e Sans Soleil potrebbero sembrare due film molto differenti, sono invece due colonne identiche di una visione cinematografica e immaginifica di un regista che ha spinto fin dove poteva la sperimentazione nell’uso delle immagini, del testo, del movimento, della fissità. Rappresentare la memoria, la storia, capire i meccanismi con cui essa agisce, cercare di combattere il tentativi da parte del potere di cancellarla, trovare nuove forme della comunicazione.

°°°

Level 5
un film di Chris Marker. Con Catherine Belkhodja, durata 106 min. – Francia 1997

È testimonianza di questa vera e propria ossessione, un film di trentacinque anni successivo a La Jetée ma che sembra la sua necessaria prosecuzione, Level Five. Laura riceve in eredità dal suo compagno un videogioco il cui scopo è ricostruire la battaglia di Okinawa, misconosciuta tragedia della seconda guerra mondiale, citata pochissimo nei libri di storia. Mentre cerca di portare a termine il videogame, attraverso testimonianze, immagini, notizie trovate grazie a internet, si ricostruisce la vicenda di questo dramma e allo stesso tempo emerge il dolore della protagonista per la scomparsa del suo uomo. I due dolori si mischiano, le due memorie, quella collettiva e quella individuale si confondono in uno stesso patire, finché Laura non decide di abbandonare il gioco irrisolvibile e scompare dalla scena. Level Five si colloca sulla linea di confine tra il cinema e l’ipertesto: è fruibile sul grande schermo, ma si divide, si allarga e rimanda ad altri luoghi, altre letture, altre vicende, come fanno i link di una pagina web.

°°°

Le tombeau d’Alexandre (L’ultimo bolscevico)
un film di Chris Marker Con Léonor Graser, Nikolai Izvolov and Kira Paramonova, durata 120 min. – Francia,1993

Il termine “tombeau” indica una raccolta in memoria di una persona cara o di valore. L’omaggio dedicato al regista russo Aleksandre Medvedkin (1900-1989) si compone di un prologo e di sei lettere postume, divise in due gruppi intervallati da un omaggio al gatto Guillaume-en-Egypt disteso su una tastiera mentre ascolta la musica di Federico Mompou. Il film raccoglie materiali d’archivio, estratti dei film di Medvedkin, interviste a cognoscenti e collaboratori, oltre che il commento in forma di lettera che Marker rivolge al regista scomparso perchè “prima troppe cose dovevano essere taciute, adesso troppe cose possono essere dette: cercherò di dirle.” Medvedkin realizzò film che rappresentavano questo tipo di sostegno in un modo che conservava l’originario impulso ludico utopico-sovversivo della rivoluzione; così, nel suo La bonheur del 1935, per combattere e opporsi alla religione, viene mostrato un prete che immagina di vedere il seno di una suora attraverso l’abito – una scena off inaudita per gli standard cinematografici degli anni ’30 (e non solo). Medvedkin, in questo caso, ha potuto godere del privilegio unico di essere un film-maker comunista entusiasticamente ortodosso, i cui film tuttavia sono stati TUTTI sistematicamente proibiti o almeno censurati dal regime. Nei suoi film il paradosso, l’ironia surreale colpiva al cuore i burocrati e li scandalizzava, disegnando una sorta di folle e vulcanica ingenuità, a bordo del suo cinetreno che si avventurava nelle campagne più povere e antiquate Medvedkin diffondeva la sua idea di cinema con un idealismo incrollabile.

Note bibliografiche:

Ivelise Perniola 2003, Chris Marker o del film-saggio, Torino, Lindau
Marco Dinoi, Lo sguardo e l’evento. I media, la memoria, il cinema, Le Lettere
Effettonotte online
Sentieri Selvaggi.it

Materiali da leggere:  

Diffondi su Facebook https://www.facebook.com/events/359303284153584/?notif_t=plan_user_joined