Wu Ming 1 all’Ex-Asilo Filangieri: “Point Lenana”, una scalata africana per raccontare la storia negata del colonialismo italiano

di Alessia Carnevale

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E dunque, che razza di libro è questo?

È un racconto di tanti racconti. Parla dell’Africa (di tante Afriche) e delle Alpi Giulie, parla di Italia e «italianità», di esploratori e squadristi, di poeti e diplomatici, di guide alpine e guerriglieri. Attraversa i territori e la storia di quattro imperi.

È un racconto di racconti di uomini che vagarono sui monti. Uomini che in pianura e in città indossavano elmi, cotte di maglia, armature da ufficio, e solo in montagna si sentivano finalmente leggeri, finalmente se stessi. 

Un libro, anche, che spiega se stesso, che sente il bisogno di raccontarsi. La sua storia è inglobata nelle storie che racconta, perché se questo libro è una storia di viaggi, sono i viaggi che fanno nascere questo libro.

Ed è infatti con degli estratti che si apre la presentazione della nuova creazione letteraria di Wu Ming 1 e Roberto Santachiara, Point Lenana (Einaudi), svoltasi ieri 29 0ttobre all’ Ex-asilo Filangieri (vico Giuseppe Mazzei 4, Napoli) – ex sede del Forum delle Culture, occupato dal marzo 2012 dalla “comunità di lavoratori dello spettacolo e dell’immateriale”, diventato ormai un punto di riferimento per la vita culturale, artistica e sociale del centro storico napoletano. Due di questi brani sono passi di documenti storici, che fanno da riferimento, nonché parte integrante del libro: uno è la dettagliata – così cinica nella sua freddezza scientifica – descrizione e modo d’uso della Bomba C 500 T, la bomba all’iprite usata dall’esercito fascista per sterminare le popolazioni abissine; l’altro è il decreto dell’Amnistia Togliatti, provvedimento “pacificatore”grazie al quale restarono impuniti molti crimini di guerra commessi durante il fascismo.

Point Lenana è un libro che ha fatto impazzire catalogatori, librai e bibliotecari per la sua natura complessa, per il suo mescolarsi di forme e di temi. Narrativa? Saggistica? Letteratura di viaggio? Point Lenana è tutto questo e molto altro ancora. È l’Oggetto Narrativo non Identificato, nelle parole di Wu Ming 1, che racconta le sue imprese, quella alpinistica, quella narrativa, quella storiografica, con un entusiasmo e un coinvolgimento che solo chi vive, si immerge totalmente in quello che scrive riesce a trasmettere.

Wu Ming 1, alias di Roberto Bui è uno dei membri del collettivo Wu Ming (Manituana, Altai, 54), il quale nasce a sua volta dall’esperienza, nata nel 1994, Luther Blisset (Q). Quando Bui riceve la telefonata di Roberto Santachiara – co-autore del libro oltre che agente letterario del collettivo – rimane a dir poco spiazzato. Santachiara non solo gli propone di scrivere un libro di alpinismo, ma lo invita ad accompagnarlo nella scalate del Monte Kenya. “Io che vivo nella pianura Ferrarese, sotto il livello del mare!”. Santachiara ritiene Bui il più adatto a scrivere questa storia proprio per la sua totale estraneità, che gli permette di vedere i fatti con “occhi nuovi”. D’altronde è ciò che da sempre si propone Wu Ming: lo scrittore deve “uscire dalla propria zona di confort”.

Così nel gennaio del 2010 Bui e Santachiara raggiungono quota 4985 mt., ripercorrendo la stralunata, eroica, romantica avventura di Felice Benuzzi e i suoi tre compagni, il medico Giovanni “Giuàn” Balletto e Vincenzo Bersotti, che nel 1943 evadono dal campo di prigionia britannico in Kenya con l’intento di scalare il secondo monte più alto dell’Africa, per poi riconsegnarsi dopo 17 giorni nelle mani degli alleati.

Point Lenana parte proprio dall’autobiografia del funzionario coloniale di Addis Abeba Felice Benuzzi, dal titolo Fuga sul Kenya uscito per la prima volta in Italia nel 1948, e nel 1953 nella più famosa edizione inglese No Picnic on Mount Kenya. Ciò che a primo impatto confonde Bui – forse ancor più del tema alpino – è proprio la figura di quest’uomo. Scrivere un libro sull’avventura eroica di un manipolo di fascisti che piantano il tricolore su una vetta africana?? Ma ci si rende subito conto che non è così. “Quel tricolore” spiega Bui, “non era una dichiarazione di patriottismo, né tantomeno di fascismo. Era un simbolo di dignità, di riscatto umano, di libertà pura”. E la biografia di Benuzzi conferma il suo anti-fascismo, nonostante ricoprisse un ruolo di alto funzionario del Governo Generale dell’Africa Orientale: la sua futura carriera diplomatica, la collaborazione con gli alleati, ma soprattutto il suo matrimonio con una ebrea-berlinese, Stephanie Marx/Stefania Marchi, a dispetto, e di nascosto, delle leggi razziali vigenti.

La scalata di Benuzzi e compari diventa così insieme pretesto e metafora per raccontare un Novecento italiano ancora troppo spesso frainteso, misinterpretato, edulcorato, revisionato. Una storia d’Italia che parte dalle Alpi, attraversa i Balcani, arriva in Etiopia, in Cirenaica, in Kenya. Un occasione per riflettere su una storia negata, su un passato con cui il nostro paese non ha mai voluto fare i conti, per aprire quell’ “armadio dei segreti” che tutti temono, politici, accademici, giornalisti. E Wu Ming 1 non perde l’occasione per ricordare il tanto elogiato, a destra e a sinistra, Indro Montanelli, uno fra gli intellettuali che ha maggiormente contribuito al negazionismo del colonialismo italiano.

Non crediamo alla favola del fascista buono, e soprattutto non crediamo alla favola del colonialismo dal volto umano. Il colonialismo italiano ha torturato, intossicato, deportato, sterminato, trucidato, stuprato. Tutto questo non si vede alla Rai, non lo insegnano a scuola, non ne discutono in parlamento. Un paese che non fa i conti col proprio passato, un paese che non riesce ancora, dopo sessant’anni, a confessare l’efferatezza dei crimini commessi, ad espiare i propri peccati, è un paese stagnante, un paese che non cresce, un paese destinato all’immobilità culturale, politica e sociale, all’ignoranza più becera e alla rassegnazione più insolente. Speriamo che Point Lenana riesca ad aprire una breccia, riportare alla luce quel pezzo di storia caduto per troppo tempo nell’oblio.