La Balena: “Ecco come si gestisce un Bene Comune”

di LR

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Il Collettivo propone una bozza di regolamento: “Chi ci critica non è mai stato qui”.

Il braccio di ferro tra Comune e il collettivo la Balena continua. Il sindaco de Magistris assicura “Nessuno sgombero”, poi aggiunge “Ma le regole vanno fatte rispettare”. Il collettivo replica “Chi ci accusa di uso privatistico degli spazi semplicemente o non è mai stato qui o ha interessi particolari su questo immobile” e presenta una bozza di “Regolamento per l’uso civico dell’ex Asilo Filangieri”. Beni comuni alla prova del nove.

Per il collettivo in gioco c’è il paradigma  dei beni comuni, cavallo di battaglia della giunta de Magistris e presupposto ideologico su cui la Balena ha fondato nove mesi fa l’esperienza di occupazione. Le rassicurazioni rispetto a operazioni di sgombero che sono arrivate da sindaco e assessori (Di Nocera, Lucarelli e Tuccillo con una lettera aperta a La Repubblica)  non li convincono. Giudicano pretestuoso e ambiguo il richiamo al rispetto delle  norme e all’utilizzo non privatistico della struttura. Anzi sono decisi al contrattacco: “Chi ci accusa di escludere altre esperienze semplicemente non ha mai avuto il piacere di venirci a trovare”. Per dimostrarlo fanno il lungo elenco delle attività svolta a partire dall’insediamento: un’assemblea pubblica a settimana, la partecipazione alle attività di oltre duecento lavoratori dell’immateriale, 100 giorni di laboratori, altrettanti di tavoli di lavoro, 20 eventi per bambini, 40 spettacoli di teatro e danza, 20 presentazioni di libri, 30 concerti, 20 presentazioni di documentari, e ancora 30 proiezioni cinematografiche, 30 assemblee pubbliche , 10 mostre fotografiche e per finire 4 puntate della trasmissione web Stalking Asilo in collaborazione con Insu Tv e la produzione di 4 spettacoli teatrali. “In pratica non c’è stato giorno”, sostengono, “in cui questo spazio sia rimasto vuoto. Mentre da sede della Fondazione per il Forum delle Culture rischiava di diventare l’ennesimo simbolo del fallimento di questa città”.

Più di cento persone hanno risposto lunedì sera all’appello contro lo sgombero annunciato dagli uffici comunali. Artisti, musicisti, attori o semplici spettatori che in questi mesi hanno animato la struttura, “o l’hanno attraversata” come preferiscono dire, si sono dati appuntamento in assemblea per sostenere che “l’ex asilo deve restare la casa della Cultura e dell’Arte”. Ribadiscono che non c’è stata e non ci sarà discrezionalità nella gestione: “La nostra è una comunità aperta, plurale ed eterogenea”. Una solo volta confessano di aver detto no, per un progetto proposto proprio dal Comune: “Un’associazione si sarebbe dovuta servire del refettorio per un anno intero, in questo caso sì escludendo e impedendo ad altri soggetti di esprimersi”. L’incontro diventa l’occasione per mettere nero su bianco la politica del collettivo.  La pratica di gestione si traduce in una bozza di  “Regolamento per l’uso civico della struttura”, elaborata in un tavolo di discussione, aperto lo scorso giugno: organo sovrano per ogni decisione è l’assemblea, convocata almeno due volte al mese e articolata in una fase di indirizzo per stabilire le linee guida e di gestione per decidere della programmazione. Tavoli tematici, gruppi di lavoro e comitato operativo, gli organismi rinnovati a rotazione trimestrale e nominati per snellire il funzionamento della gestione. Mentre la decisione ultima su ogni attività resta prerogativa dell’assemblea. Un osservatorio, infine, è chiamato a vigilare sul rispetto delle norme di autogoverno.”Siamo contrari alla logica, quasi sempre clientelare dell’assegnazione degli spazi pubblici”, spiegano, “Noi non siamo un’associazione. Stiamo lavorando affinché la comunità di riferimento di questa esperienza siano i tanti artisti, ricercatori, studiosi che costituiscono un bacino disconosciuto di lavoratori sfruttati e la destinazione d’uso sia la restituzione alla città”. Il supporto giuridico cui guardano è l’articolo 43 della Costituzione, diventato stella polare delle campagne per i beni comuni. “ A fini di utilità generale le legge può trasferire, mediante espropriazione, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori imprese che si riferiscono a servizi pubblici essenziali… ed abbiano carattere di preminente interesse generale”, recita la norma. “Fino ad ora ha riguardato campi, fiumi, spiagge, noi riteniamo doveroso estenderlo al mondo della cultura, della conoscenza e dello spettacolo”, rivendica il collettivo.

Ma come si coniugano i principi generali con la vendita di alcolici senza licenza? “Qui nessuno lucra, siamo talmente tanti che se volessimo dividerci l’incasso ci sarebbe meno di un euro a testa”, rimandano l’accusa al mittente, “Non vogliamo finanziamenti pubblici e quanto guadagnato, anche con sottoscrizioni, mai obbligatorie, viene immediatamente investito in mezzi di produzione che contemplano anche il compenso degli artisti che si esibiscono, come crediamo sia giusto. In nove mesi abbiamo allestito un teatro, acquistato luci e tante altre attrezzature. Il nostro progetto è di sostenere forme di produzione indipendenti”. Altro problema emerso a seguito di denunce e ispezioni della polizia municipale quello dell’agibilità: “Anche questo è un attacco pretestuoso”, continuano, “Qui ogni tanto anche il Forum organizzava spettacoli con molto pubblico e il problema all’epoca non sembrava porsi. Qui non c’è un gestore, è di tutti, chiediamo a chiunque venga un’assunzione di responsabilità. Anzi se ci sono problemi di sicurezza chiediamo al Comune di intervenire per sanarli”.

Il rapporto con palazzo San Giacomo si è rovesciato. Alla collaborazione si è sostituita la diffidenza. “Oggi questa esperienza rivoluzionaria rischia di essere annullata da burocrati miopi, o, peggio, da palazzinari e affaristi senza scrupoli, che si nascondono dietro il paravento di regolamenti amministrativi. Gli spazi in cui si fa cultura non possono essere trattati alla stregua di un bar”, si legge in un appello, sostenuto tra gli altri da Gerardo Marotta, Salvatore Settis, Maurizio Zanardi, Wu Ming e Angelo Curti, che chiede al Comune “di mettersi in gioco fino in fondo per sostenere modelli di gestione innovativi e non svilire questo percorso schierandosi con chi non vuole rinunciare  ai propri minuscoli privilegi e ha interesse a mantenere una gestione parassitaria della cultura a Napoli”. Un contenzioso destinato a diventare un precedente, banco di prova per il futuro dei beni comuni.